giovedì 27 maggio 2010

Febbre creativa

Lo ammetto senza modestia: con la scrittura, ultimamente sto andando come un treno. Forse è la prospettiva di aver azzardato, dopo tanto tempo, i primi passi sulla strada che voglio, anche se è presto per dire di aver cominciato bene il ritmo.
Ho cominciato a scrivere durante le pause pranzo, evitando le sere per il momento dato che le ultime settimane di lavoro si stanno dimostrando molto fitte (passaggio di consegne, aggiustamenti, il tentativo di lasciare tutto bello pulito dietro di sé).
Nove pagine in due giorni, un'ora al giorno, scritte all'ombra di un albero con il mio inseparabile EEpc di seconda mano, abbandonato alla rivendita a un prezzo stracciato (e comprato subito dalla sottoscritta) solo perché non aveva su Windows.
Alla prima rilettura non ho notato sbavature e nessuna necessità di tagliare o stravolgere le scene. Ovviamente il labor limae sarà solo alla fine del capitolo, ma per ora posso considerarmi soddisfatta.

Per quanto riguarda le idee, fioccano davvero tanto. Sono riuscita a trovare qualche spunto per rimpolpare le idee già presenti e dargli quel tocco di pepe in più che possa evitare che molte cose sembrino "campate per aria".
Oggi purtroppo piove e non potrò ritagliarmi il mio spazio.. e scrivere in casa rischio che mi distraggo. Speriamo di avere più fortuna domani. Intanto elucubro, elucubro, e progetto cosa devo scrivere, cosicché quando avrò davanti la pagina bianca saprò esattamente cosa devo raccontare.

Ultimamente, comunque, sono riuscita a scovare dei bei pezzi musicali che possano darmi l'ispirazione giusta per qualsiasi scena. I candidati maggiori sono i Two Steps From Hell, ma sto riscoprendo con gioia anche i Lacuna Coil e qualche pezzo dei Gotthard.

Non vedo l'ora di avere il tempo pieno per la scrittura :-) mi divertirò un mondo! :-D

martedì 25 maggio 2010

Lettera a mia nonna lontana

Ciao, nonna. Quando te lo dico al telefono cerco sempre di apparire gioiosa, felice, festosa. E' sempre bello sentirti, sentire il gaudio che metti quando rispondi al mio saluto. Meno bello saperti lontana, non poterti vedere quando voglio, mentre stai dall'altra parte dell'Italia. Quanti anni sono passati dall'ultima volta? Quattro? Cinque? L'ultima volta sono potuta stare solo tre ore, e col senno di poi, avrei fatto meglio a sbattermene di quella stronza della mia ex-amica che mi ha costretto a riprendere il traghetto la sera stessa, quando avrei potuto stare da te almeno un paio di giorni. Ti ho visto col magone quando sono partita, nell'ultimo istante in cui mi sono voltata guardando dal lunotto della macchina dello zio, anche se non lo avresti mai ammesso. E adesso è difficile poter scendere da te, non per problemi di ferie o soldi, ma perché mi viene sempre ripetuto che soffri talmente di cuore che l'emozione di vedermi dopo tanto tempo potrebbe farti sentire male. Fa male anche a me non poterti dare un bacio, per tutte le volte che me lo dai tu per telefono.
Non so come mi immagini. Tu non puoi vedere quasi più ormai, e per te sono sempre come una bambina un po' testarda. Piccola e testarda. Sono rimasta uguale, su quello non ci piove. La cosa che però mi rende felice, è che io ti piaccio così come sono. Tu non mi vedi mai, eppure mi vedi per quello che sono in realtà, non per quello che invece dovrei essere, secondo le convinzioni altrui. Mi fai sentire apprezzata per le pazzie che mi vengono in mente, per il carattere che mi distingue, nel bene o nel male. E tu, sempre tu, mi incoraggi quando devo scrivere. Perché anche se non vedi più, se per te le persone non sono che ombre confuse, mi ripeti che vuoi leggere i miei libri. Mi inciti a scrivere e ogni giorno me lo chiedi, al telefono "ma hai pubblicato? sei riuscita?" E' una morsa al cuore dirti di dover portare pazienza, mentre sento il tuo entusiasmo. Tu che non vedi più, e mi dici che li leggerai. Tu che non puoi apprezzare in prima persona il piacere della lettura, mi inciti a portare avanti i miei sogni, mentre invece molti altri, da cui dovrei avere maggior sostegno, cercano di affossarli giorno per giorno pensando al puro e mero guadagno che la scrittura potrebbe non garantire.

Sai nonna? Ho lasciato il lavoro. La mamma non te l'ha detto perché pensava (e continua a rimarcarmelo) di darti un grande dispiacere. Non ti spaventare. Me la caverò. Una come me se la cava sempre, l'ha sempre fatto, non mollerà certo ora. Perché? L'ho fatto per scrivere, appunto. Per poter darci sotto come si deve. Che c'è di strano? Fin da piccola avevo bene in mente cosa volevo fare. Ricordi quando mi isolavo sul terrazzo, a volte sulle scale pur di rimanere in pace, con il blocco appunti e la matita e giù a scrivere, a vergare storie, racconti, fino ad arrivare a elaborare la trama del mio primo romanzo? Sono passati più di dieci anni e mi sembra ieri, quando ti sentivo pronunciare il mio nome nella tromba delle scale, con quella voce argentina e squillante. Quelle estati infinite, in un agosto caldo come l'inferno. Estati che non ho visto più; non vedo più né te né il nonno e ho sempre il timore che con l'avanzar del tempo, i ricordi che conservo inizino a sbiadire, per quanto cerchi di tenerli stretti. Il tempo scorre e cerco di illudermi che ne ho quanto ne voglio.

Tu non mi dici mai quando stai male, anche quando ti sei rotta il femore la prendevi allegramente. Tutte le volte che mi chiedi se ho realizzato i miei sogni devo trattenere le lacrime. Sì, io che non piango tanto facilmente, a volte basta la tua voce tenera per farmi salire il magone. E devo voltarmi dall'altra parte, perché mia madre non mi noti. Devo fingermi allegra, per non darti preoccupazioni. Ci vuole tempo per concludere i miei lavori, non voglio illuderti. Ma questo tempo voglio accorciarlo, e la strada che ho intrapreso me lo permetterà.
Non ti deluderò nonna, e davanti a Dio, io giuro che riuscirò a scrivere il libro, finirlo e pubblicarlo perché tu lo possa leggere. Verrò di persona a leggertelo, un passo per volta. E se Dio è contrario a questo giuramento, che scenda qui e venga a dirmelo in faccia, se ne ha il coraggio.

Vorrei avere la tua forza, nonna. Novant'anni e rotti, e sei come una roccia. Spero che nel mio sangue ci sia abbastanza di te da poterti rendere fiera. Aspettami.

La tua eterna nipotina

lunedì 24 maggio 2010

Discussioni, delusioni, conclusioni

Ho avuto da litigare, ultimamente. Quando decidi di andare contro ogni convenzione, quando decidi di fare di testa tua fregandotene di ogni possibile risvolto (o meglio, li consideri, ma ti senti preparata ad affrontarli) è inevitabile confrontarsi, anche scontrarsi. Ma da qui a sentirsi dire "mi hai deluso profondamente" è un altro paio di maniche. E anche un altro tipo di risposta, dato che io le cose non le mando mica a dire, dovesse trattarsi di Dio in persona.

Non sono perfetta. Ci mancherebbe, anzi... meglio. I miei errori, le mie cazzate, le cantonate colossali le ho prese. Sulla pelle. Colpo su colpo. Ma per mie scelte, non di altri, e ciò mi ha aiutato a superare il peso delle conseguenze. Quindi non capisco perché, per stare bene, per potermi sentire realizzata, mi devo sentire in colpa ad abbandonare un sentiero che non ho mai scelto ma mi è stato imposto, per obbligo o convenzione. Colpa che non mi punzecchia da dentro, ma mi viene martellata dall'esterno, ogni giorno; se non con le parole, con gli sguardi; se non con gli sguardi, con gli atteggiamenti, le frecciatine. Ed emerge quel disgustoso comportamento che odio più nelle persone: il continuare a fissarti aspettando il momento in cui cadrai, in cui metterai il piede in fallo, per poter gioire della tua caduta mentre loro stanno in piedi a squadrarti dall'alto, nella loro aria di superiorità. Per questi "signori" non ho che un consiglio: andate a vivere la vostra vita e lasciate stare la mia. Chè tanto, non mi fate cambiare idea. Se pensate diversamente, non posso far altro che ridere.

Ma alla fine dei conti, parafrasando le stesse parole di chi mi critica in continuazione, cosa vuol dire "essere adulti"? Conformarsi allo stile di vita di tutti? Seguire la scia pensando "è così che ci vuoi fare"? Un corno. Essere adulti, per me, è prendersi la responsabilità delle proprie scelte. Io l'ho fatto. E non capisco perché mi venga addossata una colpa.

Quindi che si fa? Ignorare tutto e andare avanti a muso duro? Sì. Non c'è altra scelta. Non posso continuare a vivere cercando di far contenti tutti. Esiste anche una persona che nessuno vede e di cui io mi dimentico spesso: me stessa. E' là che attende, insieme al suo bagaglio di sogni, di aspettative, di ambizioni. Un bagaglio forse troppo pesante, ma non posso farci niente. Questa sono io. Questa è la mia vita, e non appartiene a nessun altro.

lunedì 17 maggio 2010

Alla fine...

...l'ho fatto. Senza ripensamenti, senza clausole, incertezze o altro.

Stamattina ho firmato, consegnato e ricevuto controfirmata la lettera che dice che dal 16 giugno in poi, io non lavorerò più per $mia_ditta.

Sì, è così. Ho dato le dimissioni.

Sinceramente le dimissioni sono qualcosa che mi hanno sempre fatto molta paura. E' almeno un anno che pensavo di licenziarmi, ma non pensavo di avere abbastanza fegato per farlo. E' vero. Finora mi sono sempre frenata con il pensiero che finché non trovavo altro non mi sarei tolta dai piedi. Avevo paura di rimanere senza soldi. Invece ora ho fatto i miei debiti conti e ho deciso: ora o mai più. Se aspetto ancora un po' rischio 1) di rimanere invischiata in altri progetti che non mi permetteranno di andarmene via senza eventuali rotture di $cose_rotonde... 2) di rimetterci di brutto, veramente... ultimamente (ma non è una novità) la salute se ne stava andando davvero a ramengo.

Ergo, ho deciso. Ho un minimo di tranquillità perché so che, se vorrò ritornare nel caso sia davvero davvero in crisi senza il becco di un quattrino e una speranza di lavoro, potrò farlo. Ora si va in caccia di un part time che mi dia qualche entrata e mi permetta un po' più di tempo per fare ciò a cui aspiro: scrivere.

Il mio capo è stato molto comprensivo; ci siamo lasciati serenamente, senza rancori o altro.
Il che mi tranquillizza, dato che tra un mese, a parte un bel malloppo di buona uscita, non avrò introiti fissi. Ma tant'è. E' un rischio e lo accetterò come tale. Poi non è detto.. magari durante il preavviso colgo al volo un'annuncio o approfitto di un'occasione... chi lo sa?

In famiglia non l'hanno presa bene. E' iniziato il martellamento/sensi di colpa da parte di mia mamma... lo so benissimo anche io che un lavoro non si getta così: ciò che non capisce è che non l'ho fatto "per capriccio", non l'ho fatto perché è capitato un imprevisto passeggero che mi ha fatto dire "no basta non ne posso più". E' qualcosa che mi trascinavo dentro da molto, che mi faceva stare male, e alla fine ho detto basta. Prima di compiacere gli altri devo rispettare me stessa, e andando avanti così ci avrei rimesso anche in salute. Era un prezzo che non potevo pagare, qualcosa che nessuno stipendio mi avrebbe permesso di ricomprare.

Che dire... speriamo... ora mi metterò d'impegno, su tutti gli altri fronti.
Voglio scrivere, concludere i miei lavori. Tra poco ne avrò il tempo e non ci saranno scuse.
E che Dio ce la mandi buona...

martedì 11 maggio 2010

Punto della situazione

Ultimamente sto scrivendo poco, e la cosa non mi piace per niente.

Corri di qui, corri di là, e il lavoro, e la scherma, e l'accademia (sì, mi sono diplomata ma ci sono alcune questioni burocratiche da risolvere)... insomma, nel momento in cui mi siedo davanti al pc non ho nemmeno la voglia di stare a pensare. Voglio solo svagare la mente. So benissimo che scrivere con la testa così affollata produrrebbe soltanto spazzatura.

Ultimamente, però, fioccano le idee. A volte derivanti soltanto da un semplice titolo che mi piace da cui tirarci fuori una trama in tutto e per tutto. Ho elaborato (almeno a grandi linee) una nuova idea per un cyberpunk, ma necessita di un po' di documentazione. Per non parlare del romanzo storico che ho in ballo... lì devo fare una ricerca accurata che potrebbe anche protrarsi per settimane.

Se soltanto avessi un po' più di tempo durante il giorno e meno preoccupazioni... :-(
E se solo avessi quella famosa "risposta di venerdì" che tarda ancora a farsi viva...!

Non ho voglia, però, di piangermi addosso. Mi scoccia soltanto che i giorni, le settimane, i mesi scivolino via senza che riesca a dire "oh, finalmente qualcosa ho fatto". E' questo che mi rode, tutto qui. Vorrei concretizzare tante cose. Forse, appunto, ne ho tante. Troppe. Ma almeno una, quella cardine, la vorrei rendere realtà.

Altre novità? Direi di sì.
Sono entrata in un gruppo in cui suonano due miei cugini, come cantante. Il genere è rock, dal classico (Deep Purple) al più moderno (Evanescence, Lacuna Coil). Mi trovo davvero molto bene. L'unica sfiga è ammalarsi con tosse e mal di gola due giorni prima delle prove e avere il naso toppo alla vigilia delle altre! Grunt... la cosa che però mi elettrizza è che il 21 maggio suoneremo dal vivo. La cosa mi entusiasma e mi impaurisce allo stesso tempo... impararsi la scaletta delle venti canzoni entro due settimane (testi a memoria inclusi) non è affatto facile!
Ma ce la farò... se almeno mi passasse questo dannato raffreddore!

Insomma volendo tirare le somme.... Noia? Cos'è la noia?