venerdì 10 luglio 2015

Mirror, mirror

Ciao, Eleonora. E' strano chiamarti per nome; da quanto tempo chiunque ti conosca, a parte fidanzato e parenti stretti, usa l'abbreviativo del tuo nickname? Sei sempre presissima, hai centomila cose da fare, spesso e volentieri non riesci a stare dietro a tutto, spesso e volentieri te li cerchi proprio, i casini e gli impegni. Perché non vuoi stare ferma. Perché non vuoi avere il tempo di fermarti, proprio no. Perché in quelle occasioni capita che ti soffermi davanti allo specchio, come in questo momento. E rifletti.

Non ti piace rivangare il passato, ma per quanto hai sperimentato è inevitabile. E' sempre lì che fa toc toc, ti intorbidisce qualche sogno, ti riempie di deja-vù il presente, ti instilla qualche dubbio sul futuro. Tu lo sotterri tutte le volte, lo poti ogni volta che fa capolino come una pianta velenosa. Perché non vuoi più vederlo. Vuoi dimenticare quei giorni bui in cui stavi davvero rischiando di perdere chi eri davvero. Ma ogni tanto serve.

Te lo ricordi? Facciamo un salto indietro di una decina d'anni. Eri giovane, non dico inesperta, ma la compagnia che avevi non era un gruppo e ce n'è voluto per scoprirlo. Non era amicizia. Era un dannato branco di profittatori, di quelli che si coalizzano contro di te a scuola fingendo di fare i simpaticoni, di ascoltarti, di essere i confidenti dei tuoi dubbi e dei tuoi problemi. Un branco che dipendeva da un individuo che aveva deciso, per te, un solo destino: casa, marmocchi e lavoro. Non c'era altro. Ti sei dovuta scordare lo studio, persino l'idea dell'università a distanza era esecrabile. E quando, distrutta dentro e fuori, ti confidavi con queste persone meschine, assistevi (senza renderti conto) al doppio carpiato con avvitamento della frittata, col risultato che ti convincevano che alla fine a sbagliare eri tu. E ci sei cascata con tutte le scarpe, povera fessa. Eh sì.

Ricordi quando hai parlato con quel simpaticissimo dottore al bar - un giovane psicologo infantile a cui hai realizzato un prezioso database pazienti aggratisse e lui per ringraziarti ti ha regalato quel bellissimo portadocumenti che usi ancora - che ti ha illustrato tanti percorsi di formazione a distanza? Ricordi che LUI era entrato, e aveva sentito casualmente il discorso? Non appena il dottore se n'è andato, ti ha guardato malissimo, e cosa ha detto? "Vedi di non montarti la testa". Era diventato il tuo padrone e tu, imbecille di una ragazza, non te ne rendevi conto. Eri la rana nella pentola d'acqua, te la ricordi la morale no? Ce n'è voluto per schizzare fuori da quell'incubo. Ci sono voluti nove anni. Te la sei presa comoda.

Quanto hai scritto, in quegli anni? Dov'era finita l'ispirazione? Nel cesso, e per fortuna che non hai tirato l'acqua, perché non l'avresti più recuperata. Scrivere era una perdita di tempo, non era redditizia, il fantasy era da cretini infantili, insomma-che-ti-metti-in-testa-e-pensa-piuttosto-a-badare-alla-casa. Era questa la tiritera. La continua umiliazione. Volevi staccarti, ma non riuscivi, avevi tutto il branco contro, il mondo gira così, sei tu che fai i capricci! ti dicevano, confondendoti le idee. Gente che non ha mai aperto un libro in vita sua, per cui la cultura non era altro che un fastidioso e inutile contrattempo. Scrivere non era una dote, era un difetto che doveva essere soppresso. Ed è stato lì che qualcosa si è incrinato. Quella passione non volevi gettarla alle ortiche. Era tua, tua soltanto. Ed è stata proprio la gelosia di quella tua passione, il fatto che non la condividevi con nessuno e con nessun altro ne parlavi, che ti ha aperto uno spiraglio. Che ti ha fatto capire che qualcosa stava davvero andando storto, che la direzione che stavi seguendo non ti stava portando a ciò che davvero volevi essere. Ti stavi trasformando in un automa guidato dalle ambizioni degli altri, non le tue. Di un'altra persona che progettava una moglie che non facesse altro che la donna-sforna-bambini, la casalinga senza desideri... dài, diciamocelo, ti mancava il burqa e il quadro era completo.
Quel malcontento ha cominciato a farti guardare attorno. A cercare altro. Hai trovato dapprincipio un sito che parlava di Fantasy e hai conosciuto, anche se virtualmente, delle persone. Persone che ora, a dieci anni di distanza, sono i tuoi migliori amici, che hai abbracciato e che vai puntualmente a trovare. E una di queste è l'uomo - non lui - che ora sta al tuo fianco.

Hai mollato tutto, ogni sicurezza economica, ogni convinzione, per riprendere in mano la tua vita. Hai scoperto l'amore, quello vero, e hai troncato ogni contatto con quell'esistenza misera e scialba, che nulla aveva di te se non le lacrime che hai versato. Hai affrontato lo stalking, quello pesante, quando ancora non era perseguito dalla legge. Ci sono state notti in cui hai avuto paura sul serio, giorni in cui ti sentivi gli occhi addosso, pedinata in ogni dove. Perché tu NON potevi mollare lui, scherzi, semmai doveva succedere il contrario, doveva uscirne lui vincitore agli occhi di tutti.  Ma non hai ceduto, non sei tornata sui tuoi passi, e di questo sono fiero di te. Hai tirato fuori le palle, hai affermato te stessa con prepotenza, con rabbia, e questo grazie a quelle nuove amicizie, a quelle persone che DAVVERO credevano in te e ti stimavano per quello che eri. E con quell'affermarsi, la scrittura ha avuto una spinta così grossa che ogni storia che da lì hai inventato è diventata di volta in volta la tua ossessione quotidiana. Dovevi riprenderti tutto quello che avevi perduto. In parte lo hai fatto, anche se gli anni della gioventù non si ricompreranno mai. Ma non ti interessa. Ti sei liberata, e questo è l'importante. 

E adesso? Sei qui, di fronte a uno specchio in cui ti sei riflessa praticamente ogni giorno della tua vita. Gli anni passano per tutti ma, a conti fatti, vuoi sapere il mio parere? Stai meglio adesso. Perché mi guardi, appena sveglia, e sulle labbra hai l'ombra di un sorriso che prima non ti compariva neanche a metterti sotto il naso un assegno da un milione di dollari. Sorridi perché sulla mensola del comodino c'è, incorniciata, la prima foto che hai scattato con il tuo attuale fidanzato. Sono quasi otto anni che state insieme e ne sei innamorata più che mai. Sorridi perché sopra la mensola c'è appeso il diploma di Regia e Sceneggiatura che desideravi conseguire da tanto tempo, e l'hai preso a voti quasi pieni. Sorridi perché lo scaffale è pieno di trofei canori e scrittori. Sorridi perché anche la passione musicale ha avuto il giusto sfogo, come ti ricorda la foto con tutti i membri del tuo gruppo rock in cima al ripiano. Sorridi perché sopra di me hai appeso tanti poster: i disegni dei personaggi che ti hanno fatto gli amici illustratori, le copertine dei libri che hai scritto e pubblicato (la saga di Damnation ti occupa un'intera parete, e la copertina del Cacciatore di Ombre svetta orgogliosa ai piedi del letto). Le guardi e pensi che, nel bene e nel male, hai avuto ragione. Checché ne dicessero altri che di scrittura sapevano soltanto il proprio nome e cognome. Altri che di te non conoscevano neanche un briciolo, figurarsi dimostrare rispetto.
Sorridi perché, forse per la prima volta nella tua vita, sei in pace con te stessa. Ti sei accettata, hai capito veramente che quella che bussava sotto le ceneri eri veramente tu, dovevi solo darle ossigeno per respirare ed emergere. Tu sei così, sei forse nata così, non puoi farci nulla, coi tuoi pregi e i tuoi difetti. E non vorresti essere nessun altro.

Certo, non hai ancora assolto i tuoi doveri di adulta. Cerchi ancora casa, speri di riuscire a guadagnare abbastanza per poter vivere insieme al tuo fidanzato, che è ancora lontano e ti manca. Ti chiedi se mai avrai un figlio, visto che gli anni passano (e sai già il nome se sarà maschio, ma ti andrebbe bene anche una femminuccia, figuriamoci!).
Ma non hai paura. Quello no. Quel terrore di un tempo è scomparso. Non ne rimane neanche il riflesso.