martedì 25 maggio 2010

Lettera a mia nonna lontana

Ciao, nonna. Quando te lo dico al telefono cerco sempre di apparire gioiosa, felice, festosa. E' sempre bello sentirti, sentire il gaudio che metti quando rispondi al mio saluto. Meno bello saperti lontana, non poterti vedere quando voglio, mentre stai dall'altra parte dell'Italia. Quanti anni sono passati dall'ultima volta? Quattro? Cinque? L'ultima volta sono potuta stare solo tre ore, e col senno di poi, avrei fatto meglio a sbattermene di quella stronza della mia ex-amica che mi ha costretto a riprendere il traghetto la sera stessa, quando avrei potuto stare da te almeno un paio di giorni. Ti ho visto col magone quando sono partita, nell'ultimo istante in cui mi sono voltata guardando dal lunotto della macchina dello zio, anche se non lo avresti mai ammesso. E adesso è difficile poter scendere da te, non per problemi di ferie o soldi, ma perché mi viene sempre ripetuto che soffri talmente di cuore che l'emozione di vedermi dopo tanto tempo potrebbe farti sentire male. Fa male anche a me non poterti dare un bacio, per tutte le volte che me lo dai tu per telefono.
Non so come mi immagini. Tu non puoi vedere quasi più ormai, e per te sono sempre come una bambina un po' testarda. Piccola e testarda. Sono rimasta uguale, su quello non ci piove. La cosa che però mi rende felice, è che io ti piaccio così come sono. Tu non mi vedi mai, eppure mi vedi per quello che sono in realtà, non per quello che invece dovrei essere, secondo le convinzioni altrui. Mi fai sentire apprezzata per le pazzie che mi vengono in mente, per il carattere che mi distingue, nel bene o nel male. E tu, sempre tu, mi incoraggi quando devo scrivere. Perché anche se non vedi più, se per te le persone non sono che ombre confuse, mi ripeti che vuoi leggere i miei libri. Mi inciti a scrivere e ogni giorno me lo chiedi, al telefono "ma hai pubblicato? sei riuscita?" E' una morsa al cuore dirti di dover portare pazienza, mentre sento il tuo entusiasmo. Tu che non vedi più, e mi dici che li leggerai. Tu che non puoi apprezzare in prima persona il piacere della lettura, mi inciti a portare avanti i miei sogni, mentre invece molti altri, da cui dovrei avere maggior sostegno, cercano di affossarli giorno per giorno pensando al puro e mero guadagno che la scrittura potrebbe non garantire.

Sai nonna? Ho lasciato il lavoro. La mamma non te l'ha detto perché pensava (e continua a rimarcarmelo) di darti un grande dispiacere. Non ti spaventare. Me la caverò. Una come me se la cava sempre, l'ha sempre fatto, non mollerà certo ora. Perché? L'ho fatto per scrivere, appunto. Per poter darci sotto come si deve. Che c'è di strano? Fin da piccola avevo bene in mente cosa volevo fare. Ricordi quando mi isolavo sul terrazzo, a volte sulle scale pur di rimanere in pace, con il blocco appunti e la matita e giù a scrivere, a vergare storie, racconti, fino ad arrivare a elaborare la trama del mio primo romanzo? Sono passati più di dieci anni e mi sembra ieri, quando ti sentivo pronunciare il mio nome nella tromba delle scale, con quella voce argentina e squillante. Quelle estati infinite, in un agosto caldo come l'inferno. Estati che non ho visto più; non vedo più né te né il nonno e ho sempre il timore che con l'avanzar del tempo, i ricordi che conservo inizino a sbiadire, per quanto cerchi di tenerli stretti. Il tempo scorre e cerco di illudermi che ne ho quanto ne voglio.

Tu non mi dici mai quando stai male, anche quando ti sei rotta il femore la prendevi allegramente. Tutte le volte che mi chiedi se ho realizzato i miei sogni devo trattenere le lacrime. Sì, io che non piango tanto facilmente, a volte basta la tua voce tenera per farmi salire il magone. E devo voltarmi dall'altra parte, perché mia madre non mi noti. Devo fingermi allegra, per non darti preoccupazioni. Ci vuole tempo per concludere i miei lavori, non voglio illuderti. Ma questo tempo voglio accorciarlo, e la strada che ho intrapreso me lo permetterà.
Non ti deluderò nonna, e davanti a Dio, io giuro che riuscirò a scrivere il libro, finirlo e pubblicarlo perché tu lo possa leggere. Verrò di persona a leggertelo, un passo per volta. E se Dio è contrario a questo giuramento, che scenda qui e venga a dirmelo in faccia, se ne ha il coraggio.

Vorrei avere la tua forza, nonna. Novant'anni e rotti, e sei come una roccia. Spero che nel mio sangue ci sia abbastanza di te da poterti rendere fiera. Aspettami.

La tua eterna nipotina

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